LA COSA SOMOGYI. PRIMO LEVI – da IL MALE PEGGIORE di Iannozzi Giuseppe (Edizioni Il Foglio)

Cambiano i nomi, cambiano i volti, e mai la sostanza. Oppressi e oppressori stanno sempre in una zona grigia, i salvati sono invece un numero esiguo, salvati dal caso e non da un Dio. Mordechai Chaim Rumkowski, ebreo affezionato al potere, appoggiato dalle SS, lui era un oppressore e un privilegiato che, nel ghetto della cittadina di Łódź, dettava legge nelle vesti di decano. Chi sono i salvati? Sono un numero esiguo i salvati, salvati dal caso e non da un Dio. Così andava rimuginando fra sé e sé Primo.
Il mattino era di silenzio, eccetto che per delle vaghe note che una vecchia radio, tenuta a basso volume, lasciava libere nell’aria: Glenn Gould al piano suonava Bach.
Aprile 1987: non era un anno poi diverso da molti altri che aveva visto. Ad Auschwitz i mesi, i giorni, le ore non esistevano. Dio non aveva mai buttato l’occhio giù ad Auschwitz. Non lo aveva fatto perché Dio era una finzione, macabra e dilettantesca quanto si vuole.
Jean Améry era sopravvissuto alla Shoah, e si era tolto la vita. Quando gli avevano chiesto il perché di quel gesto, era stato lapidario: «Nessuno sa le ragioni di un suicidio, neppure chi si è suicidato».
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