Giuseppe Iannozzi

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La Parigi di Léo Malet – Federica Marchetti – Conoscere il néopolar di Malet è di importanza fondamentale

La Parigi di Léo Malet – Federica Marchetti – Conoscere il néopolar di Malet è di importanza fondamentale

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A VENTANNI DALLA SUA SC COMP ARSA

(By IY TIN

Léo Malet, anarchico per vocazione, scrittore e poeta (anche se Malet amava dir di sé che era più che altro un poeta, avendo militato per ben dieci anni fra le fila del movimento surrealista di André Breton), affabulatore come pochi al mondo, non meno geniale di Georges Simenon, in Italia è purtroppo un autore ancora poco conosciuto.
Fra le sue opere più conosciute impossibile non ricordare La trilogia nera (Trilogie NoirLa vie est dégueulasse, Le soleil n’est pas pour nous, Sueur aux tripes) e i romanzi che hanno come protagonista Nestor Burma, détective de choc. A inizio carriera Malet scrisse anche alcuni romanzi di cappa e spada sulla falsariga di Alexandre Dumas, e nel corso di dieci anni una sessantina di poesie. In Italia Léo Malet è stato portato (scoperto) da Luigi Bernardi.

Nato a Montpellier nel 1909 da una famiglia di umili origini, Léo Malet rimase ben presto orfano; allevato dal nonno, vecchio anarchico individualista, la prima formazione culturale che ammalia e irretisce il futuro scrittore (poeta) è di mera contestazione, sia sotto il profilo sociale che sotto quello culturale.
Il primo impiego Malet l’ebbe presso una banca in qualità di fattorino, ma fu licenziato in tronco: la motivazione, aver diffuso il giornale anarchico L’insurgé. Si trasferisce dunque a Parigi, un quasi esilio, vivendo la vita del vagabondo finendo anche il carcere; durante il periodo parigino sbarcò il lunario provandosi in occasionali e diversi mestieri: fece il lavabottiglie in un grande magazzino, poi riuscì a esordire come chansonnier in un cabaret di Montmartre. Fu anche fattorino presso una ditta d’impianti idraulici. E un giorno – come ha raccontato lui stesso – mentre consegnava un bidet per un lussuoso bordello di rue Hanovre, vide nella vetrina di una libreria, quella del mitico José Corti, delle pubblicazioni che attirarono la sua attenzione: La Révolution surréaliste, riviste, libri, libri e ancora riviste, e subito rimase affascinato dalle loro strane copertine. Fu così che si procurò il Manifesto del Surrealismo; vede Un Chien andalou, il film di Bunuel Dalì, legge Lautréamont: il surrealismo gli entra ben presto nelle vene sia sotto il profilo artistico sia sotto quello politico. Decide di scrivere a Breton, il ‘Papa’, uno dei massimi esponenti della rivoluzione intellettuale. Malet ha raccontato: “Era una specie di messaggio in bottiglia… se ne dicevano tante… che i surrealisti erano molto poco accoglienti, gente ricca, distante. Io, invece, Breton l’ho conosciuto anche molto povero, e soprattutto ho scoperto che non si prendeva sempre per André Breton. In ogni caso, la mia lettera gli piacque, mi chiese di mandargli ciò che scrivevo, e poi di andarlo a trovare al Café Cyrano, il famoso Cyrano di Place Blanche. Era il 12 maggio 1931”.
Malet non fatica a integrarsi nell’ambiente surrealista: le sue idee, acerbe ma non prive di sostanza, trovano presto accoglienza fra gli intellettuali della scuola surrealista. La sua fede anarchica subisce un mutamento, diventa trotkista. Tuttavia il suo estremo individualismo non gli permette di accettare la disciplina: troppo misantropo perché il comunismo potesse attecchire addosso al suo spirito ribelle. Nel ‘40 è un’altra volta in prigione: l’accusa formulata è quella di ‘attentato alla sicurezza interna ed esterna dello Stato’ e Malet rischia l’ergastolo se non la ghigliottina. Viene liberato dopo qualche mese; tuttavia non fa a tempo ad assaporare la libertà che subito viene catturato dai nazisti e rinchiuso in un campo di concentramento, lo Stalag X2, fra Amburgo e Brema: un anno di permanenza e di stenti nel lager per Malet. Tornato in libertà perché gravemente malato (malato per finta, grazie all’interessamento di un amico medico), Malet si mette alla prova come autore di romanzi polizieschi: all’inizio della sua carriera si firma con degli pseudonimi americani, poi, nel ‘43, pubblicando quello che si può considerare il primo vero noir francese, 120, rue de la Gare, decide di firmare con il suo vero nome molti dei suoi lavori futuri. Fra il ‘43 e il ‘49 escono sette inchieste di Nestor Burma: i romanzi ottengono successo e di critica e di pubblico, il loro protagonista diventa popolare quasi quanto Maigret e ben quattro attori diversi porteranno i personaggi di Malet sul grande schermo cinematografico.

https://iannozzigiuseppe.wordpress.com/2017/02/24/la-parigi-di-leo-malet-federica-marchetti-conoscere-il-neopolar-di-malet-e-di-importanza-fondamentale/


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