Cristel Rubulotta

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L'educatore come “mediatore”: riflessioni ai tempi del Covid-19

L'educatore come “mediatore”: riflessioni ai tempi del Covid-19

Lavorando da circa 5 anni nel settore educativo, a stretto contatto con operatori afferenti ad alcuni A.T.S. del territorio, ho sempre pensato che il ruolo dell'educatore fosse, in primis, quello del “mediatore”, dovendomi relazionare e, appunto, “mediare”, tra diversi sistemi che costantemente ruotano attorno alla vita del minore e della sua famiglia, soprattutto in situazione di fragilità: il sistema scolastico, quello extra-scolastico e quello relativo ai servizi presenti sul territorio.

Il ruolo dell'educatore nel contesto degli affidi educativi, quindi, si potrebbe dire che consista innanzitutto nel relazionarsi con i sistemi sopra citati e, secondariamente, nell'aiutare le famiglie a mantenersi “in equilibrio”, in modo che possano destreggiarsi tra le risorse disponibili e le difficoltà che incontrano quotidianamente.

Nei mesi del lockdown, però, tutti gli “equilibri” sono andati spezzandosi, provocando delle conseguenze che si sono acuite nel corso del tempo, frutto di eventi quali: l'isolamento domiciliare forzato; la chiusura delle scuole e dei centri ludici e sportivi, con l'impossibilità per i bambini e i ragazzi di vedere amici e compagni; la crisi finanziaria delle famiglie, che da un giorno all'altro sono rimaste a casa senza poter lavorare e, nel peggiore dei casi, senza più ricevere uno stipendio; la necessità di rifornirsi di dispositivi tecnologici adeguati per poter fruire della didattica a distanza. Una delle conseguenze di queste misure necessarie a fronteggiare il virus, che è andata via via intensificandosi, è stato un forte isolamento sociale, sia da parte delle famiglie che dei loro figli. Ed è qui che il ruolo dell'educatore può fare la differenza, soprattutto se la famiglia, già carente dal punto di vista di risorse psichiche e materiali, viene a trovarsi, col passare delle settimane, in seria difficoltà.

Anche il ruolo dell'educatore, in questi mesi, si è dovuto necessariamente “evolvere” per adattarsi a tutti i cambiamenti derivanti dall'emergenza sanitaria, partendo da un ostacolo che si è presentato come un fulmine a ciel sereno: l'impossibilità di recarsi al domicilio delle famiglie, dovendo quindi trovare un modo alternativo per continuare ad aiutarle e a lavorare con i loro figli. Un cambiamento di setting che ha stravolto qualsiasi modalità operativa, a partire dal semplice contatto fisico.

Le riflessioni che seguono sono frutto della mia esperienza relativamente a un affido educativo di un bambino della scuola primaria con diagnosi di Disturbo dello spettro autistico di tipo lieve, che ho in carico dall'inizio dall'inizio dell'anno scolastico.

Innanzitutto, una volta entrati nella cosiddetta “fase 1” relativa al contenimento del Covid-19, mi è servito quello che ritengo essere un tempo “fisiologico” per adattarmi al cambiamento: non solo dal punto di vista professionale, ma anche di gestione della vita quotidiana. Penso sia stato uno shock che ha colpito, magari in misura differente, tutti noi. E' stato imposto il lockdown, di conseguenza dovevo inventarmi un modo per continuare ad interagire con questo bambino e la sua famiglia, peraltro già in difficoltà sotto diversi fronti. Innanzitutto, ho individuato delle priorità, ovvero ciò di cui (a mio parere) dovevo in primo luogo occuparmi per cercare di “tamponare” le difficoltà che via via andavano presentandosi; per individuare tali priorità, ho aumentato i contatti telefonici con la famiglia, che in una prima fase erano quasi giornalieri. Dai nostri scambi è emerso che le difficoltà primarie erano di tipo economico e sociale; per questo motivo, il mio ruolo ha rivestito fin da subito una massiccia componente “informativa”: mi sono resa conto che per questa famiglia non era affatto semplice muoversi in tutta quella serie di normative e di decreti che venivano puntualmente presentati dal Governo e dalla Regione. A questo scopo, mi è stato molto utile il confronto con l'assistente sociale che segue il caso, in modo tale da poter fornire informazioni puntuali e corrette circa i sostegni economici messi a punto dai vari decreti normativi. Questa fase è, ovviamente, tutt'ora in corso, dato che la situazione è in continua evoluzione. 

Per quanto riguarda l'aspetto operativo vero e proprio, riguardante quindi il lavoro con il bambino, è stato (ed è) fondamentale il lavoro d'equipe, ovvero quello con le insegnanti e con gli operatori extra-scolastici. Dal punto di vista della didattica devo ammettere che ci sono state non poche difficoltà, dall'individuazione del dispositivo migliore per poter visualizzare i compiti assegnati e per effettuare le videolezioni (si è poi optato per un tablet) e dall'individuazione di almeno un membro della famiglia che fosse disponibile a seguire le indicazioni di educatori e insegnanti e che fosse presente durante le videolezioni; questo perchè, parlando di scuola primaria, ci si poneva innanzitutto il problema dell'autonomia nel seguire le lezioni, resa ancora più “problematica” dalla presenza di un disturbo dello spettro autistico, sebbene di tipo lieve.

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